Gli archivi sono scrigni di memoria. Tra le carte che narrano storie di lotte e di conquiste, emergono a volte tesori inaspettati: le fotografie. Ma non solo quelle ufficiali. C’è un altro sguardo, più intimo e potente, quello del fotografo lavoratore.
Chi è?
Non un professionista pagato per un reportage “di impresa”, ma uno di loro, un operaio, un delegato sindacale, una persona che, a partire dagli anni ’60, si è trovata una macchina fotografica tra le mani.
Forse non aveva le parole per scrivere la propria storia, ma aveva occhi per vederla e uno strumento per fissarla.
Quali immagini scatta?
Dimentica le pose artefatte o le immagini destinate al consumo di massa. Lo sguardo del fotografo lavoratore è democratico. Si posa sul quotidiano vissuto: i luoghi di lavoro, il cantiere, la fabbrica in ogni suo dettaglio – gli edifici, le macchine.
Ma soprattutto, cattura l’anima: i volti e i gesti dei compagni, i momenti di socialità dentro e fuori lo stabilimento. Documenta le lotte, gli scioperi (come quelli immortalati nel volume su Panzano o nel desiderio di raccontare la storia delle lotte sociali).
Mostra ciò che la fotografia “ufficiale” non considerava interessante.
Che emozioni mette in queste immagini?
C’è una verità cruda e autentica, perché è uno sguardo dall’interno. C’è l’affermare una soggettività, un “esserci” che diventa poi immagine collettiva. C’è il legame profondo con la memoria, con le storie di vita che riemergono guardando i dettagli.
Queste foto, scattate a volte quasi “senza intenzione” o come un rituale, diventano tessere preziose di un mosaico, collegamenti alla nostra memoria, rendendoci familiari volti e luoghi lontani nel tempo.
Sono immagini che portano il respiro della fatica e della solidarietà, il segno delle discriminazioni subite,
ma anche la forza delle conquiste sociali. Sono lo strumento indispensabile per conservare la memoria individuale e collettiva, un punto di riferimento per le giovani generazioni. Rendono l’archivio vivo, uno spazio che permette di connettersi con chi ha sofferto, gioito, sognato e lottato.
Recuperare e valorizzare queste immagini, a volte trascurate o disperse, significa salvare la memoria dai pericoli della cancellazione, riconoscendo il ruolo importante di quelle migliaia di donne e uomini la cui storia e identità è indelebilmente legata a questi sguardi fissati nel tempo.
Sono l’anima visibile del passato operaio e sindacale, un ponte emozionale verso il nostro futuro.